Nel luglio 2008 il bracciante romeno Gheorghe Radu morì nelle campagne di contrada Cocciolete, abbandonato al suo destino sotto al sole cocente. Ora le indagini sono a una svolta: la Procura ha chiesto il processo per Teodoro Zullo, proprietario del terreno dove perse la vita il 35enne, Domenico Scarano e Edilio Cardinale, coloro che avevano assunto l’uomo e organizzato il lavoro. Il 17 gennaio ci sarà il predibattimento.
Campomarino. Muore di lavoro il 29 luglio 2008 nelle campagne di Campomarino. Dopo tre anni nessuna giustizia. Ma quando ormai moglie e figlia, Maria e Valentina, hanno perso le speranze, la giustizia comincia a fare il suo corso. Si saprà presto infatti la verità sul bracciante romeno Gheorghe Radu.
Le indagini dei giudici sono state lunghissime. Nei giorni scorsi finalmente è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per tre persone. Successivamente il giudice per l’udienza preliminare ha fissato la data del processo nel quale si dovrà decidere se archiviare le posizioni degli indagati oppure se rinviarli a giudizio. Il predibattimento a porte chiuse si svolgerà il prossimo 17 gennaio 2012, alle ore 11.30 a Larino. Come riporta il quotidiano on line "l’Indro" nel pezzo del collega Paolo De Chiara, gli imputati sono Teodoro Zullo (proprietario del terreno, teatro dell’evento tragico), Domenico Scarano e Edilio Cardinale (che assumevano e organizzavano). Secondo la tesi dell’accusa avrebbero agito con «negligenza, imprudenza e violazione della normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro, destinando Gheorghe Radu, il 35enne deceduto, a lavoro agricolo in spregio a qualsiasi accortezza». Non tenendo conto nemmeno e soprattutto delle sue condizioni di salute.
Gheorghe aveva problemi di cuore e non ha retto alla fatica. Quel giorno, durante la pausa pranzo, si era accorto che qualcosa non andava. Aveva avvertito i compagni. Non era rientrato sui campi per raccogliere e riempire le cassette di pomodoro.
Aveva trovato riparo nei pressi di un tir. Nessuno si è accorto del giovane lavoratore.
«E’ stato lasciato morire come un cane - ripete la moglie Maria - non è possibile perdere la vita a 35anni per lavoro. Durante la mattinata avevo provato a chiamare mio marito. Il telefono squillava, ma nessuno mi ha risposto. Solo la sera ho saputo che mio marito era morto. Me l’ha detto un carabiniere». Maria Radu e sua figlia Valentina, che oggi ha poco più di tredici anni, vivono come allora a Torremaggiore (Foggia). Lo stesso paese dove lo attendevano tornare da lavoro in quel luglio di sangue per le campagne molisane.
Un luglio indimenticabile anche per il consigliere regionale Michele Petraroia che si è speso sempre per la ricerca di quella verità. La stessa per la quale Maria e Valentina ora si costituiranno parte civile contro chi ha permesso che il loro caro continuasse a lavorare sotto il sole cocente dei campi di pomodori del basso Molise. (Vp)
19 novembre 2011
Fonte: Primonumero1
sabato 26 novembre 2011
Morì nei campi, chiesto il rinvio a giudizio per tre persone
Pubblicato da
Anonimo
alle
11:17
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