ALESSANDRO GASSMAN
26/11/2011
Alessandro Gassman in «Roman e il suo cucciolo», al Grande Teatro di Verona
Dalla comunità latina di New York ad una periferia urbana in Italia, la storia di Cuba and his Teddy Bear di Reinaldo Povod torna in teatro a 25 anni dalla magistrale interpretazione di Robert De Niro a Broadway.
E lo fa con Alessandro Gassman, protagonista e regista di Roman e il suo cucciolo, nell'adattamento di Edoardo Erba, che sarà in scena al Nuovo per il Grande Teatro da martedì 29 novembre a domenica 4 dicembre. Un allestimento di grande impatto drammatico, forte di oltre 200 repliche e del Premio Ubu 2010 come miglior spettacolo e per il miglior attore under 30 (a Giovanni Anzaldo, Cucciolo).
Per Gassman ancora un testo contemporaneo, dopo La forza dell'abitudine di Bernhard e La parola ai giurati di Reginald Rose (pure al Grande Teatro tre stagioni fa).
Cosa l'ha colpita di questo testo?
Dopo La parola ai giurati, che parlava della pena di morte, avevo bisogno di trovare un altro testo che mi coinvolgesse emotivamente altrettanto, e avesse anche un tema sociale. Qui si parla di stranieri nel nostro paese, ma anche del degrado di certe nostre periferie, dove convivono diverse nazionalità, dove tutti stanno male e si comportano male. E mi interessava capire quante possibilità hanno i ragazzi figli di stranieri ma nati o cresciuti qui, di togliersi da quel degrado.
Come ha fatto a «diventare» un rumeno, come si è preparato al ruolo?
Ho lavorato sull'osservazione e non era difficile visto che i rumeni sono gli stranieri più numerosi in Italia, un milione e 400mila, e imparano l'italiano facilmente mantenendo quel loro accento. E ho cercato del personaggio il suo cuore, tutti ce l'abbiamo in fondo un cuore, il suo è molto molto in fondo.
Ci vedo dentro la tragedia greca in questo testo.
Sicuramente. È un melodramma moderno, con personaggi tragici al punto che possono anche far ridere in certi momenti. Il pubblico ride, ma soprattutto si commuove, perché si parla del rapporto difficile tra un padre e un figlio e della droga, questo teatro tocca corde sensibili.
Una storia che sembra fatta apposta per il cinema.
Infatti diventerà un film, prodotto da Rai Cinema. È ormai ufficiale che inizieremo le riprese nel marzo 2012 a Latina. È la pianura pontina, piatta, mi serviva uno spazio senza orizzonti.
Lei dall'anno scorso è anche direttore artistico dello Stabile del Veneto e prima lo era di quello dell'Abruzzo. Non è un ruolo ingrato in tempi di crisi e di tagli allo spettacolo?
Semmai è una sfida. Sono molto contento di lavorare in Veneto, una terra che insieme a Napoli ha dato moltissimo al teatro. Seguendo le mie indicazioni abbiamo lavorato per incrementare il pubblico, che in due stagioni è aumentato del 30%, e soprattutto per ringiovanirlo. La ricetta? Testi adatti ai giovani, che abbiano qualcosa da dire anche a loro, come questo Roman e il suo cucciolo. Le proposte giuste fanno più degli sconti sui biglietti, che comunque pratichiamo.
Lei recentemente ha aggiunto la «n» al suo cognome, tornando al vero nome della sua famiglia, Gassmann. Ci spiega perché?
«La enne era stata tolta da mio padre durante la guerra, per modificare un nome ebreo in tempi di persecuzioni. Ora, in un periodo di razzismi e paure che crescono nel mondo e anche qui, ho pensato fosse giusta, simbolica, questa scelta, per dare un segnale forte. C'è tanto bisogno di segnali forti.
Daniela Bruna Adami
Fonte: L'Arena
domenica 27 novembre 2011
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