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mercoledì 27 maggio 2009

Italiani e romeni, due popoli e una speranza


ESTERI
Italiani e romeni, due popoli e una speranza
di Donatella Papi
Roma 24 Maggio 2009

Gli italiani in Romania sono 3.200 ma le presenze non stabili sono piu’ alte. Oltre 30 mila sono gli imprenditori italiani che operano sul territorio, solo a Timisora sono 10 mila. I romeni in Italia sono passati invece da 8 mila nel 1990 a 1 milione. Il rapporto tra italiani e romeni non sono solo dati statistici anche una storia antica che si rinnova in un presente fatto di luci e ombre, di felici realta’ e problemi piu’ complessi.

Di questo si e’ parlato all’Istituto Italiano di Cultura di Bucarest."Italiani in Romania e Romeni in Italia: promozione della persona e integrazione sociale" e’ stato il titolo dell’incontro in occasione della presentazione dei dossier Cei Conferenza Episcopale Italiana- Fondazione Migrantes e Caritas Italiana sugli italiani nel mondo e l’immigrazione dei Romeni in Italia.

L’ incontro e’ stato aperto dal saluto dell’ambasciatore d’Italia a Bucarest Mario Cospito e introdotto dal Prof. Alberto Castaldini (direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Bucarest) e da Don Graziano Colombo (Rettore della Chiesa Italiana di Bucarest). I dati e gli argomenti sono stati illustrati da Don Michele Morando (Direttore della Pastorale per gli Italiani nel mondo - CEI Conferenza Episcopale Italiana - Fondazione Migrantes), Don Pierangelo Ondei (Rettore del Seminario Orionino di Iasi), Dott. Antonio Ricci (Caritas Italiana). E poi un intervento di padre Alexandru Cobzaru, direttore della Caritas di Bucarest.

"Italia e Romania sono legate da un rapporto antico fondato sulle comuni radici latine”, ha ricordato l’ambasciatore italiano Mario Cospito. "Un legame che presenta non solo punti di forza ma anche di debolezza”.L’ambasciatore ha sottolineato l’importanza delle presenza italiana e delle imprese italiane, anche delle Ong e delle associazioni cattoliche che operano contro le sacche di poverta'. "Gli italiani dopo la seconda guerra mondiale hanno trovato in molti Paesi europei porte aperte e solidarieta', la stessa cosa che si aspettano da noi i romeni. Ed ho piacere di dire questo alla vigilia della festa della Repubblica del 2 giugno”.

Di nuova emigrazione e della necessita’ di spronare le due nazioni ad incontrarsi favorendo la creazioni di ambienti ospitali ha parlato Padre Graziano Colombo introducendo i relatori mentre il professor Alberto Castaldini, direttore dell’Istituto Italiano di Cultara che ha ospitato l'evento, ha citato i pronuciamenti di Giovanni Paolo II e di Paolo VI per indicare come "lo sviluppo non debba essere solo economia ma crescita dell’uomo nella direzione della verita', capacita di relazione e speranza”.

Entrando nello specifico della ricerca Antonio Ricci della Caritas ha illustrato i dati statistici sul fenomeno dell’emigrazione dei romeni i Italia e sugli italiani presenti in Romania, ricordando che da vent’anni Caritas e Migrantes collaborano per una conoscenza corretta e oggettiva dei fenomeni migratori. Anche per superare errori ricorrenti, come e’ stato spiegato.


”Sono 4 milioni i migranti che giungono in Italia da tutte le parti del mondo – ha spiegato Ricci -. Cio’ costituisce la base del sentimento di fratellanza e comunione, che e’ scambio anche umano e non solo puro utilitarismo in relazione ai bisogni di forza lavoro. Insomma non arrivano solo braccia ma persone”.

Ci sono poi le curiosita’. La Romania, che porta in Italia 1 milione di cittadini su 20 milioni di abitanti, dimostra di essere un bacino forte di forza lavoro. I romeni che giungono nel nostro Paese hanno varie mansioni, molti sono lavoratori edili e ad essi va riconosciuto il merito di aver reso possibili le Olimpiadi invernali di Torino, che senza le braccia dei romeni non si sarebbero fatte.

Su 1 milione di romeni presenti in Italia in modo stanziale solo il 10% e’ in cerca di lavoro. E alla domanda su cose sia piu’ importante conseguire la maggioranza ha risposto " lavoro e integrazione”. Anche i dati sulla criminalità non sono così drastici come invece spesso appare sui giornali. Per le rapine in banca si segnalano i tedeschi e alle poste gli irlandesi, anche se i dati indicano una percentuale alta di romeni nei reati contro la persona.

Certo e’ che il flusso di cittadini provenienti dalla Romania e’ aumentato passando dagli 8 mila romeni del 1990 all’attuale milione di cittadini che hanno prodotto l’1,2 del Pil italiano. "Senza di loro avremmo sentito la crisi con due anni di anticipo”, ha detto Ricci.

Piu’ articolato e’ il rapporto sugli Italiani nel mondo 2008 della Fondazione Migrantes . Un fenomeno che assume connotati diversi rispetto alle migrazioni dopo l’Unita’ d’Italia. Sono 3 milioni e 734 mila gli italiani ufficialmente all’estero e 2 milioni sono giovani, i quali guardano al futuro nel Paese che li ha accolti. E’ in aumento anche l’emigrazione d’elite che riguarda dirigenti d’azienda, esperti di marketing e giovani laureandi in cerca di esperienza.

Ma qual e’ il valore della solidarieta’ cristiana nella migrazione? Don Michele Morando, direttore della Pastorale per gli italiani nel Mondo, ha spiegato che i modelli di accoglienza dei migranti sono una occasione di crescita spirituale e umana. E ha citato San Pietro che invitava "a rispondere a chiunque vi domandi ragione della fede che è in voi". " Per i credenti accogliere i migranti e’ essere chiamati a un destino piu’ alto, a seguire la strada dei valori dell’amore, giustizia e dignita’ - ha detto Morando -. Oltretutto pensando che anche gli italiani sono un popolo nel mondo visto che hanno raggiunto 60 milioni gli oriundi, ossia coloro che hanno origini italiane”.

Una risposta indiretta al governo che segue la linea di leggi rigide. "Il rischio e’ che il pacchetto sicurezza ostacoli l’integrazione e dobbiamo pensare che senza 800 mila badanti romene i nostri anziani sarebbero piu’ soli e senza assistenza”, ha concluso il direttore della Pastorale sui migranti.

La carita’ e’ un dono per chi la fa, aveva ricordato il Papa nella sua encliclica Dues est caritas. E Don Pierangelo Ondei, rettore del seminario Orionino di Iasi in Romania, ha tratteggiato i profili di questa virtu’ ricordando episodi della vita di Don Orione, uno dei cinque santi inclusi dal Papa Benededetto XVI tra i santi della carita’. “Per Don Orione carita’ ed educazione erano la stessa cosa e per questo si dedicava alla formazione dei poveri fondando scuole. E di lui narra in un bel capitolo Ignazio Silone che lo incontro’ durante la visita del Re a Napoli e lo vide infilarsi tra il corteo delle auto regali per caricare bambini bisognosi di cure. Fermato dalle guardie Don Orione riusci’ a farsi notare del Re al quale spiego’:”Devo portare questi bambini a Roma”. Silone lo definisce “uno strano prete” e il dono della carita’ e dell’amore in lui si fa concreto.
"Don Orione e' universalmente conosciuto come un santo della carita'. Ma come si concilia questo con il suo grande interesse per l'educazione dei giovani? Non e' da ritenere forse un santo della formazione? La risposta e' che per D. Orione anche la formazione e' un'attivita' caritativa, un grande impegno di amore. Si tratta di offrire ai giovani i valori che danno senso alla vita.
Come santo della carita' e' stato sempre in prima linea. Come ai terremoti di Messina e Reggio del 1908 e a quello della Marsica, in Abruzzo. E' qui che Ignazio Silone, giovane terremotato quindicenne, lo incontra per la prima volta e ne rimane affascinato. In occasione della visita del Re Vittorio Emanuele III egli assiste all'episodio che ho descritto e ne rimane incantato.
Ma venedo piu' specificamente al tema del suo operato tra gli emigrati italiani del Brasile e dell' Argentina, egli si interessa di loro non solo perche' sono "italiani", ma perche' sono in stato di difficolta', di bisogno. Vivono l'esperienza della poverta: hanno perso patria, amici, familiari. sicurezza, ecc. E' per rispondere a questa situazione di indigenza che Don Orione apre per loro scuole, Centri di incontro e collocamento per lavoratori, chiese. La sua opera risponde a due criteri fondamentali: da una parte quello di conservare l'identita' italiana, piena di valori civili e religiosi: dall'altra parte e quello della necessaria integrazione nei paesi in cui sono accolti. Questo duplice obiettivo di conservare l'identita' e promuovere l'integrazione ha dato esiti fecondi. Le radici della italianita', piantate nei terreni argentini e brasiliani hanno prodotto frutti eccellenti.
In questo senso l'opera di Don Orione tra gli emigranti puo' essere ancora oggi modello di ispirazione per le nuove situazioni migratorie di massa, come quella attuale romena in Italia".

Italiani all’estero tra occasione e speranza. Se la storia della nostra migrazione e’ diventata anche un storia di opportunita’ e di fortune lo si deve all’accoglienza dei Paesi che si sono fatti carico di studiare misure di integrazione. Ma resta anche il dolore delle emarginazioni e della lontananza. Padre Alexandru Cobzaru della Caritas di Bucarest ha ricordato come anche lui giunto in Italia nel 1988, perso il treno, vi rimase per studiare e fu accolto da una comunita’ di vicentini che ancora oggi gli e’ vicina. "Dobbiamo sempre ricordare che il migrante e’ come un albero che soffre per essere stato spostato. Ci sono poi i violenti, coloro che si macchiano di colpe. Il senso cristiano dell’integrazione prevede anche per essi uno sguardo diverso”. Padre Alexandru Cobzaru ha ricordato la leggenda di Gesu’ che di fronte a un cane morto, mentre gli apostoli lo scansavano inorriditi, disse loro "eppure guardate c’e’anche in lui qualcosa di buono” indicando la bella dentatura bianca. La fede in Dio ci insegna che guardando con amore si piega il male.

Fonte: Comincialitalia.net

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