cronaca
10/11/2010 - STRANIERI, L'INTEGRAZIONE DIFFICILE
Daniela Jara Moya, 28 anni, è nata a Bucarest
Un visitatore protesta: non c’erano italiani per quel posto? La ragazza: ho preso il patentino, amo questa città
MARIA TERESA MARTINENGO
TORINO
«La rabbia scatta per forza di fronte a una lettera come quella. Mi ha offesa come straniera, però cerco anche di vederne il risvolto positivo: quel signore ammette che sono brava e preparata». Daniela Jara Moya, nata a Bucarest 28 anni fa, guida turistica con patentino, ieri era di nuovo a Palazzo Reale. Alla mostra su Vittorio Emanuele II, dove domenica ha accompagnato un visitatore rimasto «profondamente colpito» dalla sua presenza - e non in senso positivo - tanto da rivolgersi a Specchio dei tempi. R. E. ha scritto: «Sapevo che gli italiani avevano ceduto volentieri agli stranieri i lavori più umili e in cui ci si doveva sporcare le mani, ma constatare che anche la guida museale è diventato un lavoro rifiutato dai nostri giovani... mi ha colpito profondamente».
Daniela quel lavoro non l’ha «ricevuto», se l’è guadagnato: a Torino è arrivata nel 2006 con un diploma di liceo in tasca, quattro lingue conosciute, alle spalle due anni di università e altri passati come cameriera e sommelier sulle navi da crociera. «Mi ero appena sposata, mio marito è cileno e fa il cuoco, cercavamo un luogo neutrale in cui andare a vivere. Siccome ho una zia qui, abbiamo scelto Torino». Da quel momento Daniela non si è risparmiata. Il patentino è frutto di determinazione e fatica. «Ho cominciato a lavorare alla trattoria “Il tempo ritrovato” di corso Montegrappa. Nel 2007 mi sono iscritta al corso per guide turistiche della Casa di Carità Arti e Mestieri. Dalle 8,30 alle 14,30 andavo a scuola, dalle 17,30 a mezzanotte-l’una, e di domenica tutto il giorno, ero al ristorante. Il corso è stato duro per la lingua. Tante parole non le conoscevo e per raccontare ad altri devi essere consapevole dei significati. Mi sono applicata a fondo».
Quel periodo Daniela lo ricorda «impegnativo, ma non un sacrificio. Mi ha dato molte soddisfazioni. E sono grata ai titolari del ristorante, che a volte mi hanno anche sgridata, ma mi hanno sempre indirizzata bene». Del perché abbia scelto quel corso, Daniela dice: «L’ho fatto perché Torino è una città bellissima e volevo conoscerne la storia. Poi ho capito che questa bellezza va condivisa. Sono appassionata dell’Italia, della sua cultura, del cibo, del vino. Mi ritengo fortunata a vivere qui».
Intolleranza, razzismo o, come nel caso della lettera, scontro con la mancanza di consapevolezza di chi sono oggi i torinesi (il 13% ha origini non italiane), Daniela fino a ieri non li ha conosciuti. «Mai capitati episodi spiacevoli, né a me né a mio marito. Torino è di mentalità aperta. Per me, in questa storia, conta che non sia stata messa in dubbio la mia preparazione. Io, comunque, cercherò sempre di migliorare». A «testimoniare» le capacità di Daniela è Paola Martignetti, co-fondatrice di Itineraria, la società di guide specializzate in musei e didattica per bambini che lavora con la Fondazione DNArt, promotrice della mostra su Vittorio Emanuele II, e con Palazzo Reale. «Io ero nella commissione esaminatrice - racconta - quando Daniela ha preso il patentino: tutti le hanno fatto i complimenti. Per questo lavora con noi. Il requisito che chiediamo è essere ben preparati e lei lo è. Il luogo di nascita non conta».
Fonte: LA STAMPA
giovedì 11 novembre 2010
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