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lunedì 29 novembre 2010

L'operaio rumeno entra in fabbrica dall'ingresso merci

di Enzo Bordin

CADONEGHE. Non ha nemmeno il diritto di entrare in fabbrica assieme agli altri operai. Due volte al giorno lo fanno passare per l'ingresso merci anzichè quello riservato al pubblico. Come un pacco postale. La storia vede protagonista il lavoratore rumeno Ion Apostol, 39 anni, regolarmente residente in Italia (Camposampiero, via Bachelet 3) dal 1994 e dal 1997 fino al 2008 alle dirette dipendenze della società Itallamp srl di Cadoneghe che però non l'ha mai assunto avendolo inquadrato per anni, mediante l'utilizzo di ripetuti contratti d'appalto, con diverse cooperative succedutesi nel tempo. Nell'arco di 11 anni Apostol venne tenuto per lungo tempo al nero. La sua assunzione intervenne nella primavera del 2008, ma solo per sei mesi, poi rinnovati per altri sei. Al termine di quel periodo, non potendo l'Italamp riproporre il contratto a termine se non assumendo Apostol a tempo indeterninato, decise di licenziarlo senza preavviso e senza motivo. E a quel punto (estate 2009) il lavoratore rumeno denunciò l'azienda all'Inps e alla Direzione provinciale del lavoro raccontando agli ispettori preposti gli abusi subiti per 11 anni dalla Italamp che, avvalendosi di cooperative di volta in volta sciolte e ricostruite con nuovo nome all'incirca ogni due anni, tenne Apostol e altri lavoratori stranieri alle proprie dipendenze violando le norme di legge che vietano l'interposizione fittizia di manodopera e il lavoro nero. E a dicembre di quello stesso anno Apostol, assistito dall'avvocato Bruno Sgromo di Roma, fece ricorso d'urgenza alla sezione lavoro del tribunale di Padova. In sede cautelare il giudice rilevò l'infondatezza del licenziamento per «illegittima apposizione del termine alla prestazione di lavoro», demandando alla successiva fase di merito l'accertamento dell'interposizione fittizia. Accolse pertanto il ricorso ed ordinò alla Italamp (8 febbraio 2010) «l'immediato ripristino della funzionalità di quel rapporto lavorativo». Ma ciò avvenne solo dopo ripetute diffide all'azienda. E qui siano al presente. Seguono varie vessazioni psicologiche subite dal lavoratore e descritte nella denuncia-querela presentata dal suo legale alla Procura di Padova. Intanto Apostol è demansionato d'acchito: da addetto all'assemblaggio lampadari (qualifica di operaio metalmeccanio specializzato di quinto livello) viene messo al più svilente lavoro d'assemblaggio delle gocce in Swarovsky da applicare successivamente (lavoro fatto da altre persone) ai lampadari. La sua posizione viene addirittura «separata da quella egli altri colleghi, ricavando un "muro" delimitato da elevate file di scatoloni di merce in precario equilibrio». Vessazioni e maltrattamenti portano Apostol ad «un'importante sindrome depressiva». E la proprietà gli muove due contestazioni disciplinari. Nella prima (21 aprile 2010) si contesta al dipendente di «non aver riposto scopa e paletta al loro posto alla fine del turno», nonchè di aver «lasciato un cassetto aperto». Nella seconda veniva accusato d'essersi «atteggiato con atteggiamenti provocatori, quali derisione, nei confronti di colleghi e superiori». Contestazioni bollate dall'interessato come «non veritiere e pretestuose». Apostol ha un crollo. E il 6 luglio 2010 presenta certificato di malattia che attesta il suo grave stato di prostrazione. Nella denuncia-querela si parla di «intento persecutorio» allorché risulta che l'azienda, dal 6 luglio al 14 settembre, abbia inviato la bellezza di 11 visite mediche fiscali, numero giudicato «spropositato per un esercizio non emulativo del diritto». 23 novembre 2010
Fonte: Il Mattino di Padova

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