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domenica 7 novembre 2010

A Foggia romeno in sciopero della fame

Chiede aiuto alla Chiesa

FOGGIA – «Ho tentato, inutilmente, di ottenere l’aiuto di qualcuno, di quanti, anche se indirettamente, mi hanno causato problemi a non finire. È stato tutto inutile. Nessuno mi ha dato una mano. Eppure, da un anno, da quando, cioè ho perso il lavoro a causa di un incidente di gioco che mi ha provocato la rottura del tendine d’Achille, sono alla fame. La mia vita è distrutta. Ho perso tutto, anche la mia dignità». Adrian Carac, 52 anni, cittadino romeno, in Italia dal 9 marzo del '94, oggi ha cominciato lo sciopero della fame davanti alla sede dell’arcivescovado di Foggia perchè ritiene di aver diritto ad una sorta di risarcimento proprio dalla chiesa.

Carac si è rotto il tendine d’Achine durante una partita di calcio per beneficenza organizzata da un sacerdote. Fu sottoposto ad un intervento chirurgico che, a suo dire, è mal riuscito ma al quale potrebbe essere messo riparo con una nuova operazione, per la quale tuttavia occorre denaro. Carac si è rivolto ad un legale per vedere riconosciuti i suoi diritti: «E' da un anno – dice – che sono in grandissime difficoltà. Tutti mi danno ragione, ma nessuno fa qualcosa per me. Sono stato rovinato da chi ha sbagliato un intervento che mi ha lasciato zoppo e che mi ha fatto perdere il lavoro e tutto quello che avevo».

«Per anni – racconta Carac – ho lavorato in nero, facendo assistenza ai malati di Alzheimer, in ospedale. Guadagnavo bene ed ero benvoluto da tutti. Quando smettevo di lavorare, di notte, andavo alla Caritas per fare un pò di volontariato. Qui ho fatto amicizia con il vice direttore, don Francesco Catalano, che un giorno, avendo saputo dei miei trascorsi da giocatore di calcio, mi chiese di prendere parte ad un torneo di calcetto organizzato in memoria delle vittime del crollo di viale Giotto».

Durante la gara Adrian subisce la rottura del tendine d’Achille. «Sono stato una settimana a letto con grandi dolori e poi sono stato portato a Campobasso, dove sono stato operato da un ortopedico che, però, a detta di tutti, mi ha sbagliato l'intervento». Adrian a causa dei lancinanti dolori e del rischio di una nuova rottura del tendine, non riesce più a lavorare. «In poco tempo – dice Adrian – ho perso tutto, non ho potuto più tenere la casa d’affitto, non avevo più soldi per mangiare e da inviare ai miei familiari in Romania, sono stato anche abbandonato da mia moglie».

Adrian racconta ancora di aver fatto la riabilitazione («Sono stato – dice – 18 giorni abbandonato, a soffrire come un cane e senza alcun risultato») e di essere poi andato alla Caritas per chiedere un aiuto ma di non averlo ottenuto. «Sono stato – racconta Carac – costretto a dormire per tre notti in stazione, con il gesso fino all’inguine, soffrendo le pene dell’inferno».

Carac lamenta soprattutto che la polizza assicurativa fatta in occasione della partita di calcetto era stata fatta per un importo bassissimo («solo 8 euro e con 6 punti di franchigia», dice) e per questo egli ha ottenuto per il suo infortunio soltanto 2.300 euro. Nonostante questo, ogni suo tentativo di ottenere aiuto dalla chiesa, secondo quanto dice Carac, non ha avuto alcun successo. Per affrontare un nuovo intervento in una clinica privata, che possa garantirgli il ripristino della funzionalità dell’arto, gli sarebbero necessarie infatti diverse migliaia di euro.

«So bene che la giustizia qui da voi è lenta ma io non posso andare avanti così. Sia il perito del Tribunale che il medico legale hanno detto che il mio intervento è stato sbagliato. Ed io vado avanti solo quando mi aiutano gli amici. Prima dell’incidente – conclude Adrian – ero considerato un ragazzo d’oro, lo straniero migliore, più buono e disponibile. Ora, non c'è più nessuno che mi considera».

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi spiace constatare che articolo è pieno di imprecisioni. Ho giocato anch’io in quella partita e conosco benissimo il Sig. Carac.1) La partita non è stata organizzata da un sacerdote;
2) Carac rifiutò di andare subito al P.S. perchè per lui esperto calciatore, sicuramente non era nulla di grave. Don Francesco Catalano ha dovuto insistere per fargli accettare almeno una pomata.
3) Carac si decide solo dopo 9 giorni di andare al Pronto Soccorso di Foggia (e in questi 9 giorni non è stato a letto ma ha continuato a lavorare come badante)ed anche quì don Francesco ha dovuto insistere affinchè si facesse visitare perchè non voleva più farsi curare e voleva andar via. La troppa attesa al P.S. non era di suo gradimento.
Il peggioramento della situazione fisica non può essere forse dovuta anche alla sua negligenza perchè ha camminato per ben 9 giorni con un tendine rotto?
4) Carac era già separato dalla moglie molto tempo prima dell’infortunio;
5) Carac non è mai stato volontario della Caritas, ma bensì un ospite che mangiava e dormiva alla caritas da mesi perchè indigente. Anche il lavoro di assistenza lo ha trovato grazie alla Caritas.
6) Carac prima dell'infortunio non abitava in una casa in affitto ma presso il dormitorio della Caritas.
7)Carac ha sempre avuto aiuti dalla Caritas e da diversi volontari, sia in spese mediche che in denaro (e non poco…)
8) Carac quando ha dormito in stazione è perchè liberamente non ha più accettato di mangiare e dormire alla Caritas. La Caritas da allora ad oggi, non gli ha mai vietato di continuare a mangiare e dormire.
9)Durante il periodo di riabilitazione presso il "Don Uva" di Foggia, non è stato lasciato solo. La Caritas ha continuato ad assisterlo.
10) A Carac è stato offerto anche un lavoro come custode, con regolare contratto e abitazione. L’ideale per chì è nella sua situazione. Però ha rifiutato!
11) Durante l’ultima visita medica a Campobasso (accompagnato sempre personalmente dalla Caritas e a spese della Caritas), il dott. Pancrazio La Floresta che lo ha operato (ha operato anche Roberto Baggio), gli ha comunicato che l’intevento è riuscito.

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