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lunedì 29 novembre 2010

«Mio figlio mi chiede sempre:"Quando torna la mamma"?»

IL COLLOQUIO SUL «CORRIERE» IN EDICOLA
Parla Adrian Hahaianu, marito dell'infermiera Maricica uccisa con un pugno alla stazione del metrò Anagnina
«Gli spiegherò: ma ora il piccolo ha solo tre anni»
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Alexander Hahaianu, marito di Maricica (Jpeg)

«Mio figlio mi chiede sempre:
"Quando torna la mamma"?»

Parla Adrian Hahaianu, marito dell'infermiera Maricica uccisa con un pugno alla stazione del metrò Anagnina
«Gli spiegherò: ma ora il piccolo ha solo tre anni»

ROMA - «Sono venuto in Italia perché volevo una vita più bella, fare una famiglia e dei figli da far crescere con la mentalità italiana, che è migliore della nostra». Adrian Hahaianu era uno dei tanti romeni di Roma. È stato uno dei tanti per cinque anni, fino a ottobre, l’otto: quel venerdì, però, lo chiamarono e gli dissero di andare in ospedale. Al policlinico Casilino. Sua moglie Maricica era stata portata là, gravissima.

«E quel giorno è cominciata l’attesa. Ma giorno dopo giorno tutti mi dicevano che stava migliorando e io pensavo: non m’importa se non muoverà più il braccio, basta che me la ridiano viva». Maricica, colpita alla stazione Anagnina dal pugno del ventenne Alessio Burtone, muore una settimana più tardi. «I medici fino al giorno prima dicevano che tutto andava bene. Poi mi chiamano e dicono che non c’è nulla da fare».

E adesso? «Adesso non riesco a giocare con mio figlio, che si chiama Alessio anche lui. Sto con lui cinque minuti poi mi chiede: "Ma mamma quando torna?". E io vado via, smetto di giocare. Gli parlerò, gli spiegherò. Ma adesso ha tre anni e prima di dirgli qualunque cosa voglio consultarmi con uno psicologo». Adrian ha 32 anni, gli occhi celesti e la barba lunga. Anche i capelli sono cresciuti. L’avvocato Alessandro Di Giovanni gli mette una mano sulla spalla e dice che c’è un motivo preciso se Adrian, «sempre impeccabile nell’aspetto», ha lasciato crescere barba e capelli.

Adrian, perdoni la domanda stupida: come sta?
«Un po’ meglio, non bene».

Perché ha la barba?
«Non posso tagliare barba e capelli per quaranta giorni, da noi si usa così, è simbolo del dolore. Poi potrò rasarmi. Come se bastassero quaranta giorni per far passare il dolore...».

Di quei giorni rimane il ricordo della sua compostezza, della dignità con la quale ha affrontato tutto.
«Mi chiedevano di andare in tv... ma io preferivo stare solo».

Mai un passaggio di rabbia, mai urla, mai sete di vendetta.
«La rabbia non mi piace. Cosa puoi fare con la rabbia? Niente di buono. Puoi fare solo male, a te e agli altri».

Nel video girato dalle telecamere di Anagnina, si vedono Maricica e Burtone durante il diverbio, prima di quel pugno. Ha capito cos’è successo tra loro?
«No, non lo so. Ma tanto non sposta di un millimetro l’unica vera domanda: come puoi dare un pugno così forte a una donna? Davanti non hai un uomo minaccioso, robusto, armato. Ma solo una donna: e come puoi colpirla così, come? Quel ragazzo ha distrutto due famiglie».

Adesso com’è la sua vita?
«Lavoro, vado avanti. Torno a casa alle dieci di notte, non dormo mai nella camera matrimoniale, vado in un’altra stanza. Non riesco a stare lì».

La città è stata solidale con lei?
«All’inizio il sindaco Alemanno, sì. Non solo lui, tutti mi dicevano "ti aiuteremo". Il Campidoglio ha pagato le spese per il trasporto della salma».

Sì ma poi? Lei ha un figlio di tre anni...
«Da crescere da solo, ma va bene: farò doppio lavoro, padre e madre (sorride per un istante, ndr). Io non chiedo niente. Certo non per me: anche se mi dessero cinquanta appartamenti, non saprei cosa farne. Mi piacerebbe però che la città facesse un gesto nei confronti del mio bimbo, anche solo garantendogli gli studi. Un gesto simbolico per Roma, concreto e grande per noi».

Il bimbo adesso è in Romania.
«Sì ma lo porterò con me: non so come farò, forse farò venire mia madre ad aiutarmi, non so. Ma di certo voglio mio figlio vicino».

Ha cambiato idea sulla mentalità italiana migliore di quella romena? E su Roma?
«Non ho cambiato idea. Non generalizzo. E non mi interessa se governa la destra o la sinistra. Io penso a lavorare e alla mia famiglia».

Lei è stato anche in missione in Afghanistan. Perché?
«Era un rischio grande ma l’ho fatto per la mia famiglia».

Cosa chiede al futuro?
«Non lo so, sono da solo adesso... Penso a ciò che deve avvenire a breve termine, non faccio progetti. Quando finiranno i quaranta giorni in Romania faremo un’altra cerimonia funebre. Penso a quella. Anche perché noi siamo ortodossi, e in queste occasioni dobbiamo arredare una camera per la defunta, con il letto e tutto. Solo così lei potrà riposare in pace. Quindi, per il momento, spero solo che mi bastino i risparmi che io e Maricica avevamo».

Maricica cosa diceva dell’Italia, di Roma?
«Negli ultimi mesi diceva sempre di aver trovato il posto giusto. Diceva di voler vivere qui, amava il suo lavoro d’infermiera. Era felice».
Sono stati assieme dodici anni, Adrian e Maricica: due di fidanzamento, poi il matrimonio e dopo cinque anni la decisione di venire a Roma, nel 2005. Perché volevano «una vita migliore». E ci credevano, a quel sogno, perché qui hanno concepito loro figlio. Che adesso, in Romania, aspetta.

Alessandro Capponi
22 novembre 2010
Fonte: Corriere della Sera

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