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domenica 6 febbraio 2011

Incidenti sul lavoro, morti due operai

morti bianche

Le vittime, uno italiano e uno romeno, a Cassina de' Pecchi e Lainate. Avevano 36 e 27 anni

MILANO - Lainate e Cassina de Pecchi distano una trentina di chilometri. Le vite di Massimo Picone, 36 anni, e Toma Mihai, 27, erano divise solo da 9 anni. Varesino di Uboldo il primo, romeno il secondo. Ad unirli solo il caso. Quello che ieri mattina poco prima delle 9 ha fatto cedere il terreno sotto a una colonna di cemento nel cantiere di via Rosmini, 5 a Lainate. E quello che ha lanciato come una frusta un nastro trasportatore uscito, nessuno sa come, dagli ingranaggi della «Dielle» di Cassina de' Pecchi. Massimo Picone e Toma Mihai, caduti nello stesso giorno, vittime del lavoro che uccide.

La colonna che ha travolto il muratore era di cemento armato. Il cantiere quello di una vecchia villetta in via di ristrutturazione. Sembra che a provocare il cedimento siano stati lavori di scavo intorno ai muri perimetrali dello stabile, disabitato, e ormai svuotato dalle pareti divisorie interne. Un alveare di cemento e mattoni. Ma altri lavori di scavo erano in corso anche nel seminterrato. Il primo a soccorrerlo è stato un collega, anche lui muratore. Quando sono arrivati i medici del 118 e l'ambulanza le condizioni di Massimo Picone erano disperate. La cassa toracica sfondata, nessun respiro. È morto prima di arrivare all'ospedale di Garbagnate. I tecnici dell'Asl, con gli agenti della polizia locale e i carabinieri, nei prossimi giorni dovranno stabilire se la vittima fosse regolarmente assunta. Ieri il dubbio non è stato svelato. Il cantiere, aperto da otto mesi, è stato messo sotto sequestro e il magistrato ha disposto l'autopsia.

Qualche ora dopo, nel pomeriggio, il nuovo lutto. Anche in questo caso i primi a dare l'allarme sono stati i colleghi di lavoro, i compagni di turno in fabbrica. Toma Mihai, dopo la «frustata» ricevuta dal nastro trasportatore impazzito che l'ha investito in pieno e scagliato al suolo, è rimasto in vita per quasi due ore. È morto una volta arrivato al San Raffaele, dopo le 19. Ora toccherà agli ispettori Asl e ai carabinieri di Cassano d'Adda cercare di ricostruire cosa sia accaduto in quel capannone. La ditta si occupa di recupero e riciclaggio di materiali plastici. Un capannone alla periferia del paese, nella zona industriale in via Galilei. Il titolare, ieri sotto choc, ha comunque assicurato agli uomini del capitano Camillo di Bernardo la massima collaborazione con le forze dell'ordine. I carabinieri hanno effettuato in serata un primo sopralluogo. Troppo poco tuttavia per capire cosa sia realmente successo nella ditta e cosa abbia provocato la fuoruscita del nastro trasportatore dagli ingranaggi. Anche sul suo corpo, nei prossimi giorni, verrà eseguita l'autopsia.
Leila Codecasa e Silvano Santambrogio
03 febbraio 2011
Fonte: Corriere della Sera

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